Polidatina: una speranza per la sindrome di Down

La polidatina mostra effetti promettenti nel trattamento della sindrome di Down.

Immagina una molecola capace di contrastare i deficit neurologici associati alla sindrome di Down. È questo ciò che la polidatina, un polifenolo di origine vegetale, promette di realizzare. Recenti ricerche condotte dall’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Cnr-Ibiom hanno messo in luce le potenzialità di questa sostanza nel ripristinare il corretto metabolismo energetico delle cellule affette da trisomia del cromosoma 21. Ma quali sono esattamente gli effetti di questo composto? Scopriamolo insieme.

La scoperta della polidatina

La polidatina viene estratta dalla pianta Polygonum cuspidatum, nota da secoli nella medicina tradizionale asiatica. Questo polifenolo è già conosciuto per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, ma ora la sua applicazione nella sindrome di Down sta aprendo nuovi orizzonti. Come riportato in uno studio pubblicato su Free Radical Biology and Medicine, la polidatina ha dimostrato la capacità di migliorare la bioenergetica mitocondriale e di ridurre lo stress ossidativo, due fattori cruciali per la salute delle cellule.

Il team di ricerca, guidato da Rosa Anna Vacca, ha analizzato cellule provenienti da aborti spontanei di feti, sia con trisomia 21 che normali. I risultati sono stati sorprendenti: la polidatina non solo riattiva l’attività bioenergetica dei mitocondri, ma previene anche i danni al DNA, contrastando il processo di invecchiamento cellulare. Insomma, questa molecola si sta rivelando un alleato potente contro le problematiche associate alla sindrome di Down.

Un approccio innovativo alla sindrome di Down

Ma come si può utilizzare la polidatina nella pratica clinica? Secondo Vacca, l’idea sarebbe quella di somministrarla come integratore alimentare fin dalla primissima infanzia. Questo perché, come molti sanno, i sintomi della sindrome di Down possono presentarsi sin dai primi mesi di vita, e intervenire precocemente potrebbe fare la differenza. La polidatina, inoltre, non presenta effetti collaterali tossici e la sua stabilità la rende un candidato ideale per l’uso clinico.

Non dimentichiamo, poi, che la polidatina è un precursore del resveratrolo, un altro composto noto per i suoi effetti benefici. Ma c’è di più: uno degli aspetti più affascinanti di questa molecola è la sua capacità di abbassare i livelli di miR-155, un microRNA che, quando in eccesso, può compromettere le funzioni mitocondriali. Questo è particolarmente rilevante per i bambini con sindrome di Down, che presentano un’espressione elevata di questo microRNA a causa della trisomia del cromosoma 21.

Prospettive future e impatti sulla qualità della vita

Guardando al futuro, il potenziale della polidatina nel migliorare la qualità di vita delle persone con sindrome di Down è significativo. La ricerca continua, e gli scienziati del Cnr-Ibiom stanno lavorando per approfondire ulteriormente i meccanismi d’azione di questa molecola. Come ha sottolineato Apollonia Tullo del Cnr-Ibiom, il malfunzionamento del miR-155 è stato associato a leucemie acute nei bambini con sindrome di Down. Pertanto, modulare questo microRNA potrebbe non solo migliorare le funzioni mitocondriali, ma anche ridurre il rischio di complicazioni più gravi.

In questo contesto, il progetto NUTRAGE del Cnr, incentrato su Nutrizione, Alimentazione e Invecchiamento Attivo, rappresenta un’opportunità cruciale per esplorare ulteriormente il potenziale della polidatina. La speranza è che queste ricerche possano portare a nuove terapie e migliorare la vita di molte famiglie in tutto il mondo.

Scritto da AiAdhubMedia

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