Un viaggio malinconico tra passato e presente nella pianura veneta

Un road movie che cattura l'essenza della pianura veneta attraverso volti e ricordi di un passato che cambia.

Quando si parla di cinema e territorio, pochi film riescono a evocare emozioni così profonde come “Le città di pianura” di Francesco Sossai, presentato al Festival di Cannes 2025. Non è solo un’opera cinematografica, ma un vero e proprio viaggio attraverso un paesaggio che cambia, un racconto che si intreccia con le vite di personaggi che, in un modo o nell’altro, sono stati segnati dalla storia. La storia si concentra su due amici cinquantenni che, mentre percorrono le strade della pianura veneta, si ritrovano a riflettere su un passato che sembra sfuggire, mentre il presente si trasforma in qualcosa di irriconoscibile.

Un road movie che parla al cuore

Nel film, i protagonisti interpretati da Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla si trovano a fronteggiare non solo i ricordi di una gioventù spensierata, ma anche il dolore per la perdita di un compagno di avventure, fuggito in Argentina. L’assenza di questo terzo elemento, interpretato da Andrea Pennacchi, aggiunge una nota di malinconia alla narrazione, rendendo il viaggio ancora più significativo. Mentre percorrono le strade deserte, la pianura veneta si rivela come un personaggio a sé stante, un luogo che racconta storie di vita, solitudine e cambiamento. Ricordo quando, durante una passeggiata in campagna, mi sono reso conto di quanto possa essere evocativa la natura e quanto possa parlare di noi.

La trasformazione del territorio veneto

Sossai riesce a catturare l’essenza di un paesaggio in continuo mutamento. “Non solo è trasformato, ma è in continua trasformazione”, afferma il regista, evidenziando una realtà in cui i paesaggi familiari lasciano spazio a nuove costruzioni e a una vita frenetica. I villaggi, un tempo animati, sembrano ora deserti, con le persone rinchiuse nelle loro auto, trasportate da un progresso che non lascia spazio alla riflessione. Come molti sanno, il cambiamento può essere sia positivo che negativo, e questo film invita a riflettere sulle conseguenze di una modernità che avanza a una velocità tale da farci perdere di vista ciò che ci circonda.

Personaggi e relazioni

Oltre ai due amici protagonisti, il film introduce un giovane studente di architettura, interpretato da Filippo Scotti, che porta una nuova prospettiva al racconto. La sua timidezza e il suo amore per l’architettura si intrecciano con la nostalgia dei due amici, creando un contrasto affascinante tra gioventù e maturità. In questo viaggio, non si tratta solo di tornare indietro nel tempo, ma di esplorare come le relazioni e i luoghi si trasformano con noi. Ogni incontro, ogni discussione, diventa un’opportunità per riflettere su ciò che abbiamo perso e su ciò che potrebbe essere.

Il messaggio del film

“Le città di pianura” non cerca una visione utilitaristica del paesaggio, ma si propone di mostrare un’interpretazione priva di pregiudizi della realtà che ci circonda. La terra, gli uomini e le donne che la abitano sono al centro della narrazione, e la loro interazione con l’ambiente offre uno spaccato di vita autentico e toccante. Ogni scena è una fotografia di un’epoca che cambia, un richiamo a fermarsi a osservare e ad ascoltare. Personalmente ritengo che sia questo uno degli aspetti più affascinanti del film: la sua capacità di farci sentire parte di un tutto, di un mondo che, nonostante le sue trasformazioni, continua a raccontare storie.

Scritto da AiAdhubMedia

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